Non basta lottare contro le nostre passioni, e opporsi ai vizi che assillano gli uomini, agli sperperi, ai lussi, alle ambizioni e a tutti i mali che queste cose implicano. Il motivo lo dice lo stesso Seneca, che fornisce un messaggio emblematico contenuto nelle pagine della prefazione alle “Questioni Naturali”.
[…] Sei sfuggito a molti mali, non ancora a te stesso. Infatti, quella virtù cui aspiriamo è magnifica non perché l’esserci liberati dai mali renda di per sé felici, ma perché allenta la tensione dell’anima, la prepara alla conoscenza delle cose celesti e la rende degna di far parte della vita divina. L’anima raggiunge il bene pieno e perfetto della condizione umana quando, calpestato ogni male, si volge verso l’alto e penetra nel seno più profondo della natura. Allora mentre vaga in mezzo agli astri, gioisce nel deridere i pavimenti dei ricchi e tutta la terra con il suo oro […]. Non può disprezzare portici e soffitti e cassettoni risplendenti d’avorio e boschetti tagliati con cura e corsi d’acqua deviati per farli giungere ai palazzi , prima di aver fatto il giro di tutto l’universo e di avere detto guardando dall’alto in basso il mondo angusto e per gran parte coperto dal mare, con vaste regioni desolate anche nelle terre emerse e con zone o bruciate o ghiacciate:” È tutto qui quel punto chi viene diviso col ferro e col fuoco fra tanti popoli? Oh come sono ridicoli i confini posti dagli uomini!”
Questioni naturali, I, pref., 6-8 (Tutte le opere, pp.513).
L’estratto citato sopra, ha l’intenzione di servire come riflessione, su quelli che sono, a mio parere i confini (e quindi i limiti) che l’essere umano, molte volte pone intorno a sé e dentro di sé. Ritengo inoltre che il termine divinità può essere inteso come qualcosa di altro dalla concenzione fornita da dogmi religiosi.