Le ragioni che conducono ad un comportamento disadattativo dal punto di vista del nutrimento, possono essere molto varie. Bisogna tener presente che alcuni disturbi, possono instaurarsi si dalla prima infanzia, in particolare quando la madre non riesce a far fronte ai bisogni del bambino.
Nel contesto sistemico, autori quali Minuchin, Rosman e Baker, riconducono queste problematiche ad un modo per i figli di allontanare l’attenzione da altri problemi familiari.
Nell’adolescenza il conflitto tra la dipendenza materna e i desideri di autonomia dell’adolescente, vedono l’anoressia come una maniera di esperire il controllo di loro stessi.
Allo stesso modo, le madri che sperimentano problemi di relazione con i figli, vogliono (forse inconsciamente), mantenere una forma di dipendenza (controllo) e incoraggiare l’immaturità dei figli riguardo la mente e il corpo.
Un altra possibile spiegazione, legata a ciò è interpretabile come pensieri di tipo sessuale repressi, al momento della maturità sessuale.
La fame in adolescenza è anche un modo di evitare lo sviluppo di un corpo adulto. Infatti la riduzione nell’assunzione di cibo va ad agire sul ciclo mestruale e sullo sviluppo di caratteristiche sessuali (ad esempio seno ed allargamento dei fianchi).
Alcuni riferimenti psicodinamici dell’anoressia.
Freud suggerisce che l’atto del mangiare era un sostituto dell’attività sessuale. Nella funzione di prevenire la sessualità adulta, la persona cerca di evitare l’ansia associata all’età adulta o alla sessualita.
In particolare una madre che offre del cibo a suo figlio quando sperimenta uno stato di ansia, porta il bambino a sperimentare un senso di inadeguatezza, questo perché il loro modo reciproco di rispondere non è adeguato. Questi bambini, saranno condotti al fallimento nel cercare di sviluppare sicurezza in loro stessi, divenendo particolarmente sensibili alle critiche da parte di altri.
L’anoressia è un modo fuorviante di tenere unita la famiglia. Tuttavia non è chiaro, se i problemi familiari nascono prima di un disturbo alimentare o se i problemi familiari sono un effetto del vivere con una persona che sperimenta queste difficoltà. I teorici della psicologia psicodinamica considerano che i problemi familiari sono la causa del disturbo, ma l’alternativa è comunque possibile.
Un’interessante visualizzazione del nesso esistente fra corpo, spazio e relazione, ci viene offerta, in un’ottica storico-sociologica, dalla Trasforini (1998) la quale afferma che “nella transizione dalla modernità alla postmodernità, isteria, anoressia e agorafobia sembrano essere strettamente connesse a una dimensione spazio-temporale” sottolineando l’esistenza di “relazione tra una definizione/costruzione sociale dei luoghi e la definizione/costruzione sociale dei corpi”. In particolare l’autrice, a proposito dell’anoressia, parla di “corpo autofagico che va verso il vuoto e lo svuotamento” (che “si ritira” cioè dallo spazio per estinguersi nel nulla) e di “corpo non-luogo”: in tal modo “l’anoressica ambisce o è in grado di controllare l’espansione/consistenza del corpo, e dunque dello spazio che esso occupa, sotto forma di una totale e narcisistica tecnologia del sé” che ci ricorda molto da vicino “il nucleo folle” di cui parla Ciocca (1995) che, rifacendosi a Santillana (1983), lo definisce anche come “magia della mente dell’anoressica che si realizza fermando il corpo e con esso la realtà”.
Punto di vista Ericksoniano riguardo l’anoressia nervosa.
I disturbi alimentari, che non devono essere confusi con l’alimentazione nervosa comune, sono una classe di condizioni che include soggetti con abitudini alimentari diverse che possono danneggiare la salute psicofisica di coloro che ne sono colpiti. Questi comportamenti vanno dall’assunzione eccessiva di cibo al digiuno prolungato e possono essere associati a comportamenti volti ad evacuare il cibo con vomito autoindotto o con l’uso incongruo di lassativi. Le forme più comuni [1] rappresentano i due estremi di questo continuum. La prima è l’anoressia nervosa, una condizione in cui i pazienti, a causa di quella che viene chiamata dismorfofobia, percepiscono il proprio corpo come grasso anche quando sono chiaramente denutriti. Questi soggetti, per lo più donne, hanno costantemente paura di ingrassare – anche se non c’è motivo – e la denutrizione che ne consegue può portare all’inibizione dei processi fisiologici del corpo che non ricevono più le risorse necessarie per far funzionare tutti i sistemi. La seconda forma è Bulimia Nervosa, una categoria che include soggetti, ancora per lo più donne, che mostrano episodi ricorrenti in cui perdono il controllo e mangiano fino a che non si riempiono a disagio.
Nonostante le prime prove dell’efficacia dell’ipnosi nel trattamento di queste condizioni siano state ottenute più di 100 anni fa, la moderna ricerca empirica è ancora molto giovane. Ci sono alcune prove che dimostrano che le terapie inclusi gli interventi ipnotici possono portare alla risoluzione del disturbo.
In particolare, uno studio pubblicato nella European Eating Disorders Review [2] ha dimostrato che l’inclusione di tecniche ipnotiche nei protocolli psicoterapeutici porta a miglioramenti significativi dei sintomi nelle dimensioni cruciali dei disturbi: frequenza dei comportamenti sintomatici, atteggiamento nei confronti del cibo, preoccupazioni sul peso corporeo e forma. Il trattamento, durato 8 settimane, ha ottenuto risultati stabili che sono stati monitorati in un follow up di 9 mesi. I ricercatori pensano che questa stabilità sia stata ottenuta grazie all’implementazione dell’ipnosi.
Un’altra evidenza [3] deriva da uno studio simile condotto da ricercatori australiani in cui è stato osservato l’effetto di un programma psicoterapeutico che includeva l’insegnamento delle tecniche di autoipnosi. Dopo 8 settimane di trattamento, sono stati segnalati alti tassi di astinenza da comportamenti disfunzionali insieme a miglioramenti in aspetti quali la spinta verso la magrezza, l’insoddisfazione del corpo, l’inefficacia e la consapevolezza interocettiva.
Negli studi sopra citati, i ricercatori si sono concentrati su pazienti con diagnosi di Bulimia Nervosa. Per quanto riguarda l’anoressia [4], riportiamo una ricerca condotta su 36 donne con diagnosi di questo disturbo. Lo studio, che comprendeva un follow up dopo 1 anno di trattamento, ha ottenuto nel 76% dei casi la remissione dei sintomi e un peso stabile e accettabile. Al contrario, solo il 53% dei pazienti in un campione trattato con terapia tradizionale ha mostrato la remissione dei sintomi.
In sintesi, la ricerca sull’efficacia dell’ipnosi nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione è ancora allo stato embrionale. Nonostante ciò, risultati promettenti vengono prodotti soprattutto nel trattamento di Bulimia, sia perché ci sono più studi che si concentrano su questa condizione, sia perché i soggetti affetti da questa patologia sembrano particolarmente abili nell’utilizzare stati ipnotici [5].